Piombino Dese

Piazza A. Palladio, 1

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CENNI STORICI


Dal XVI al XVIII secolo si susseguirono gli interventi sui fiumi Sile, Zero, Dese e Marzenego alcuni tra i più importanti fiumi che riguardano il nostro ambito di studio. Durante tutto il secolo XVI, del resto, i Cornaro intervennero per proprio conto con notevoli opere di bonifica sui terreni di loro pertinenza, provvedendo ad scavi sul Marzenego, sul Draganziolo, sul Dese, sul Rio Bianco e su altri fossati intersecanti i loro fondi.
Per tutto il '400, comunque, l'interesse della Repubblica rimase rivolto al mare e ben marginali furono le viste per la terraferma, tanto che la contadinanza rimase in condizioni di miserabilità, seppure potessero dirsi assai migliori di quelle esistenti al di fuori del dominio veneziano.
La progressiva perdita di influenza sul mare, che Venezia tentava di bilanciare impegnando sempre più numerosi capitali nella terraferma, aveva conseguentemente provocato l'aumento della popolazione nelle campagne a scapito di quella cittadina occupata nei commerci e nelle industrie. Proprio sull'opera di questa grande massa di contadini Venezia doveva contare per il proprio sostentamento impegnandosi ad esercitare le sue funzioni politiche ed economiche per la valorizzazione delle terre.
Solo il secolo successivo, però, vide la "scoperta" dell' agricoltura come settore di interesse economico e scientifico, ed ancora più tardi, nel secolo XVI., la terra prese il sopravvento sul mare registrando ingenti investimenti ed il conseguente sviluppo generale dell'economia. La lavorazione dei fondi, che evidentemente doveva essere effettuata da persone diverse dai pro-prietari, dava origine a varie forme di rapporto contrattuale, a seconda del tipo di proprietà fondiaria .
I beni comunali, costituiti perlopiù da terreni adibiti a pascolo libero, talvolta erano dati in affitto, ed il canone percepito andava a beneficio della comunità quale sopperimento alle spese generali.
I beni ecclesiastici, specie quelli appartenenti a monasteri e conventi erano regolati da contratti agrari quali l'enfiteusi ed il livello.
L'enfiteusi tendente principalmente a migliorare le condizioni del fondo, raggiungeva lo scopo di aumentare la rendita in favore del concedente, aumentando nel contempo quella dell'enfìteuta e assicurandone una certa stabilità nel fondo.Non di rado tali contratti favorivano il passaggio dei terreni alle famiglie che li avevano ricevuti in amministrazione dai monasteri.
Il contratto di livello interessava il più delle volte beni appartenenti a parrocchie e mense vescovili e pur differendo giuridicamente dall'enfiteusi se ne distingueva essenzialmente per la "lustrazione", un rinnovo obbligato del livello, cioè a date fisse, con rivalutazione del canone, senza per altro comprendere le migliorie apportate.
La mezzadria già presente in epoca romana, consistente nella ripartizione dei prodotti del fondo tra proprietario e colono era il contratto a termine maggiormente diffuso per i beni privati e laici. Tale contratto di durata annua e rinnovabile, poteva essere disdetto con dichiarazione scritta o alla presenza di due testimoni entro il 31 marzo: in caso contrario si riteneva rinnovato per un altro anno e così via successivamente.
La ripartizione, assai diversa da zona a zona, riguardava nel trevigiano, solamente l'uva ed i bozzoli, mentre di solito il bestiame era del coltivatore. La locazione o affittanza, generalmente di durata annuale e rinnovabile, si praticava di solito per estensioni limitate e concedeva al fittavolo libera iniziativa nella coltivazione del fondo, salvo il pagamento dell' affitto, per la cui insolvenza il creditore poteva sequestrare i beni ed imprigionare il debitore, come detto, fino all'estinzione del debito stesso.
Una visione sufficientemente chiara della condizione degli abitanti rispetto alla proprietà ed alla capacità di produrre reddito, è data dagli estimi, tramite i quali si stabiliva la potenzialità contributiva di ogni singolo proprietario di beni mobili o immobili. Dalla lettura degli estimi risulta evidente come la quasi totalità del territorio fosse nelle mani della nobiltà, alla quale non era concesso sovrintendere alla gestione dei propri possedimenti, in causa degli impegni politici cui non poteva sottrarsi, e doveva quindi affidare la cura dei propri interessi ad un fattore che oltre a capacità amministrative, in grado di tenere un quaderno a partita doppia, fosse dotato di senso degli affari.Le numerosissime carte dell'archivio privato dei Cornaro ci danno un quadro preciso dell'azienda-tipo dell'epoca con il fattore al suo vertice, il cui compito non consisteva solo nel riscuotere rendite consuetudinarie, ma soprattutto nell'incrementare il reddito ed il capitale.
Non adottandosi la tecnica della rotazione delle colture, era inevitabile la ricerca di nuove aree da seminare, bonificandole dall'acqua, soprattutto con l'introduzione del mais che comportava l'esigenza di grossi appezzamenti, non avendo bisogno di molte cure e producendo molto.
La progressiva estensione delle colture cerealicole mise in crisi, altresì, l'allevamento del bestiame sia bovino che ovino privando le terre del letame necessario alla concimazione. L arretrata tecnica agraria, l'accentramento delle proprietà nelle mani della nobiltà e la conseguente riduzione del mondo contadino alla sua sola forza-lavoro presentavano agli inizio del '600 un quadro di estrema miseria delle masse rurali, tanto che "Il collasso dell'intero sistema fu evitato nel corso del Seicento sia per i drastici tagli demografici dovuti alle pesti ed alle carestie, sia per i miglioramenti qualitativi dovuti all'introduzione e alla diffusione della gelsibachicoltura e all'intrusione del granoturco” .
L'esistenza del mais è documentata a Piombino già nel 1569, allorché il fattore dei Cornaro registrava. Le carte d'archivio del XVII sec., per il territorio che ci interessa, danno il senso di una quasi assoluta staticità. 

IL DOMINIO NAPOLEONICO.
L'occupazione francese, che iniziò in Italia nel 1797, lasciò fin dalla sua prima apparizione la propria impronta negativa a Piombino, infatti all’arrivo delle truppe si ebbero grossi saccheggiamenti e distruzioni.
Con il trattato di Campoformio, firmato il 17 ottobre 1797, che segnò la fine della Repubblica di Venezia, Napoleone cedette il Veneto all'Austria il cui dominio durò fino al dicembre del 1805 , anno in cui rientrarono i Francesi, che vi rimasero questa volta ben più a lungo, e diedero inizio a quel processo di trasformazioni che determinò il prevalere sociale e politico della Borghesia con conseguenti mutamenti anche sulla sfera economica. Se il programma liberatorio della Rivoluzione espresso nelle sacre parole di Libertà, Eguaglianza, Fraternità trovarono riscontro invece nelle prevaricazioni, nei furti e nei saccheggi d'ogni genere perpetrati ai danni della popolazione, è pur vero che lo scuotimento sovversivo operato dall'invasione napoleonica causò lo sgretolamento di tradizioni antichissime ed immobili dando inizio all’attività industriale, sviluppando i commerci ed incrementando l'agricoltura, anche se di tali mutamenti ben scarse tracce si rinvengono nelle carte d'archivio.
Il radicale cambiamento delle istituzione locali con la soppressione dei loro organismi, la vicinici, il meriga, il commun, in favore di istituti ispirati al principio della rappresentanza e della delega, suscitarono malcontento ed avversione nel mondo contadino.
La caduta dell'Impero passò quasi del tutto inosservata, "Si può affermare che la modernizzazione dello stato italiano cominciò con la dominazione francese che portò in Italia una manifesta volontà di cambiare e usò parole nuove come diritti umani, libertà, democrazia; che sconvolse tradizioni, abitudini e secolari immunità; che inventariò i beni culturali del tempo, anche se rubò i pezzi migliori; che sancì il diritto di esprimere la propria opinione, di scegliere il proprio lavoro, di disporre della proprietà, di muoversi senza chiedere permessi e di unirsi in associazione con altri individui . 

DALLA DOMINAZIONE AUSTRIACA AI GIORNI NOSTRI.
Con la sconfitta di Napoleone ed il ritorno degli Austriaci per le popolazioni venete le cose non cambiarono di molto. Seppure accolti con favore, o forse più con la rassegnazione di chi non può scegliere il padrone, gli Austriaci non tardarono a manifestare la loro strategia colonialista. Se da un lato restaurarono l'ordine conturbato e mantennero e potenziarono le rifor¬me introdotte con il Codice Napoleonico, dall'altro introdussero una serie di angherie e tassazioni che diedero un duro colpo alla già miserabile popolazione.
Fin dal primo ingresso in paese, l'aquila imperiale austriaca non trascurò di far sentire immediatamente la sua rapacità, operando requisizioni di ogni genere: buoi, cavalli, muli, carri, fieno, granoturco, carne, vino, erano a frequenti scadenze richiesti ai comuni che talvolta si trovavano nell'impossibilità di procurarli, incontrando spesso l'opposizione dei proprietari risoluti a non privarsene.
La conquista austriaca porto alla quasi totale sottomissione delle popolazioni venete, inoltre le scadenti condizioni di vita dei piccoli centri come piombino portarono presto all’insorgere di malattie come la pellagra e il colera. Non fu questo solamente a decimare la popolazione ma fu piuttosto il movimento migratorio per il sud america, dove molte famiglie di piombino andarono a cercar fortuna.
Da ricordare però da parte degli austriaci la costruzione delle grandi opere pubbliche quali i cimiteri e la rimessa appunto di alcune arterie importantissime. La prima guerra mondiale "portò sconvolgimenti radicali nei comportamenti, nei modi di essere e nella mentalità della popolazione, venerando una rivoluzione delle aspettative crescenti, diversa per classi, ceti e categorie, ma univoca nel desiderio di non tornare alla situazione precedente" .
Il dopoguerra non riservò condizioni migliori alle masse rurali, soffocate dal carovita e dalla disoccupazione, tanto ché nel 1920 la loro protesta, che trovò collettore e punto di snodo nelle leghe bianche promosse da cattolici, sfociò nella decisione di non pagare gli affitti e non consegnare i bozzoli, dando così una sferzata alle languenti trattative sui patti colonici e dando vita di propria iniziativa all’auspicato rapporto di fitto in denaro. Alle denunce alla Magistratura per appropriazione indebita e inadempienza contrattuale, con cui risposero gli agrari, i contadini bianchi contrapposero una massiccia mobilitazione invadendo municipi, strade, stazioni, case padronali, giungendo talvolta ad eccessi quale fu l'incendio della villa dei conti Marcelle a Badoere. Con l'avvento del fascismo e la politica deflazionistica, inaugurata dalla fissazione a quota 90 del cambio della lira, la crisi economica toccò l'apice. I debiti contratti dovevano essere rimborsati in moneta rivalutata, i prezzi dei prodotti agricoli si erano ridotti del 40%, la disoccupazione aumentava vertiginosamente, l'industria e il commercio procedevano a passo stentato e, per conseguenza, le classi agricole e operaie riducevano sempre più gli acquisti di prima necessità.
E' ancora nella memoria di molti il lungo periodo fascista e gli anni durissimi della II° guerra mondiale, con l'invasione degli sfollati, la minaccia dei bombardamenti, i sabotaggi dei partigiani, cui seguivano le rappresaglie di tedeschi e fascisti, e infine l'arrivo degli Alleati che pose fine ad un interminabile incubo.
Il dopoguerra vide un nuovo esodo dal comune di Piombino, nel quale prevalevano le piccole aziende agricole di pochi campi, condotte da piccoli fittavoli e piccoli proprietari, con altre poche aziende mezzadrili di reddito scarso ed insufficiente a procurare il fabbisogno strettamente necessario ed indispensabile per le singole famiglie di coloni.
Solo l'introduzione dell'industria avrebbe apportato il rimedio contro la continua fuoriuscita della manodopera valida, garantendo un posto di lavoro in loco ed il guadagno necessario ed indispensabile per un decoroso tenore di vita della popolazione.
Accanto alle due fabbriche di cinturini per orologio giunte in paese, nel 1947 la Felsina, e nel 1950 la Berica, l'Amministrazione comunale, sulla base del proprio piano di sviluppo economico, invitò altre industrie capaci di assorbire la manodopera disponibile, sollevando e migliorando in tal modo le condizioni della gente locale.
Nel 1957 cominciarono ad installarsi nuove industrie e attività artigianali che consentirono occupazione a circa novecento persone del luogo, senza peraltro contare la non trascurabile quantità di lavoro commissionato a domicelio.
II notevole innalzamento del tenore di vita, dovuto al nuovo quadro economico, diede conseguentemente inizio ad una profonda trasformazione del volto edilizio del paese e della viabilità, giungendo alla situazione, spesso caotica, che conosciamo.
Questo rapido volo sugli avvenimenti della storia più recente trova la sua ragione nell'impossibilità di contribuire, in poche righe, alla conoscenza e interpretazione di fatti che per essere troppo recenti non s'adattano alla cronaca, ma esigono il concorso della sociologia, dell'economia e della politica. Del resto, era nostra intenzione ricostruire la storia di una comunità che, seppure mai refrattaria alle estreme sollecitazioni, mantenne per lungo tempo connotazioni culturali rapidamente sconvolte dai nuovi dettati dell'economia industriale, nutrita sugli scambi d'ogni genere tra paesi, città e nazioni, giungendo inevitabilmente a ridurre i gangli vitali della cultura del mondo contadino scomparso alle rare reviviscenze folcloristiche della nostra contemporaneità.


Da vedere

 

Sorgenti del Sile

Nel gennaio 1991 è stato istituito il Parco Regionale Veneto del fiume Sile. Si tratta del primo Parco naturale comprendente un ambito fluviale a completa estensione regionale.
Con l'istituzione del Parco si è voluto evidenziare il principio di tutela di un'area che, nonostante i molteplici interventi dell'uomo, mantiene in vita un assetto naturale molto vario nelle sue componenti floro-faunistiche.
Il Sile infatti presenta ancora ambienti naturali che seppur limitati nello spazio, hanno conservato molte specie altrove scomparse oppure in serio rischio di estinzione. Tra queste ne vanno menzionate alcune che costituiscono importanti endemismi padani come la Rana di lataste (Rana latastei) ed il Panzarolo (Orsinigobius punctatissimus).
Sempre lungo le rive del fiume, a causa del fenomeno delle risorgive che abbassano la temperatura media delle acque, si rinvengono specie animali (Farfalle, Coleotteri ed altri Insetti) e vegetali ( Bucaneve, Campanellino maggiore) che costituiscono dei dealpinismi ossia delle specie che normalmente vivono, a quote più elevate caratterizzate da temperature medie inferiori a quelle della pianura dove scorre il Sile.
Un altro fattore che aumenta l'importanza naturale del Sile, è costituito dal fatto che il fiume attraversa una campagna coltivata con sistemi moderni che hanno modificato gran parte dell'assetto naturale del territorio. Le aree incolte e le poche paludi sopravvissute lungo le sue rive, costituiscono delle "Oasi di naturalità" che fungono da polo di attrazione per gran parte delle specie animali più mobili.